(Immagine: Justin Aerni)
Pensa a questo: quando ti regalano un orologio ti regalano
un piccolo inferno fiorito, una catena di rose, una cella d’aria. Non ti danno
soltanto un orologio, tanti auguri e speriamo che ti duri perché è di buona
marca, svizzero con un’ancora di rubini; non ti regalano solamente questo
piccolo scalpellino che ti legherai al polso e che passeggerà insieme a te. Ti
regalano – non lo sanno, la cosa terribile è che non lo sanno –, ti regalano un
nuovo pezzo di te stesso, un pezzo fragile e precario, qualcosa che è tuo ma
non è il tuo corpo, che devi legarti al corpo con il cinturino come un braccio
disperato appeso al polso. Ti regalano la necessità di caricarlo tutti i
giorni, l’obbligo di caricarlo perché continui a essere un orologio; ti
regalano l’ossessione di aspettare l’ora esatta nelle vetrine delle
gioiellerie, agli annunci radiofonici, al servizio telefonico. Ti regalano la
paura di perderlo, che te lo rubino, che cada a terra e si rompa. Ti regalano
la sua marca, e la sicurezza che è una marca migliore delle altre, ti regalano
la tendenza a paragonare il tuo orologio con gli altri orologi. Non ti regalano
un orologio, sei tu il regalo, è te che regalano per il compleanno
dell’orologio.
Julio Cortázar, Preámbulo a las instrucciones para dar cuerda al reloj
(Da Historias de Cronopios y de Famas,
Alfaguara edizioni, 2012.Traduzione dallo spagnolo di Chiara Candeloro — tratto da Sagarana.net)
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