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(Immagine: blackfantastix)
Le dolci e amorose principesse, tutte incinte, camminavano come potevano nel bosco. Aurora, Biancaneve e Cenerentola andavano alla ricerca della capanna nella quale, se erano corretti i dati del guardaboschi, abbondantemente gratificato, avrebbero dovuto trovare il Principe Azzurroche stava consumando la sua fellonia. Per Biancaneve, più che per le altre due, il bosco evocava eventi dolorosi, ma tutte quante erano decise a farla finita con quell’infame, a qualunque prezzo . Finalmente, quando già calava la notte, trovarono la capanna e, ripreso il fiato, bussarono alla porta.
Quasi subito, come se le stessero aspettando,
si sentì il rumore di precipitosi e confusi spostamenti. Qualcuno si stava
nascondendo. Ma le donne non si intimorirono per questo. Sapevano che le
capanne dei boschi delle favole che si raccontano hanno una sola porta. Toc
toc, insistettero.
— Sappiamo che sei lì — disse Biancaneve con
voce stentorea —. Smetti di nasconderti e mostraci il tuo viso… ruffiano.
— Non essere vigliacco — azzardò Aurora — ormai
sei stato scoperto.
Dall’interno della capanna arrivarono di nuovo
i segni di una grande e indiavolata attività, come se qualcuno trascinasse
mobili da un posto all’altro.
— Apri la porta o la buttiamo giù — disse Cenerentola
che, dopo averne passate di coote e di crude con la matrigna e le sorellastre,
non si lasciava certo intimorire da un Principe, più o meno Azzurro che fosse.
— Apro — disse dall’interno una voce rugosa ed
agitata —, apro subito.
I passi rivelarono che qualcuno si avvicinava
alla porta e il movimento del battaglio dimostrò che quello che aveva parlato
non mentiva. La porta si aprì e nel vano si intravide un Principe Azzurro un po’
fuori del normale, in camicia e coi bottoni della calzamaglia agganciati male.
Poco o nulla aveva a che vedere col giovane elegante che le aveva abbindolate per
sedurle. Dietro di lui, la modesta capanna — senza dubbio un luogo indegno di un
Principe Azzurro — lampeggiava disordinata e sporca.
— Teppista, miserabile! — proruppe Biancaneve,
senza dare al Principe l’opportunità di organizzarsi una difesa.
— Vile verme, canaglia scellerata, rospo
ripugnante! — rinforzò Cenerentola, duplicando la dose, come se fosse stato
ancora necessario.
— Imbroglione, spazzatura spregevole, infelice
— triplicò Aurora, meglio di niente per non essere da meno.
— Le mie amate spose! —balbettò il Principe
Azzurro.
— Allora l’ammetti — gracidò Biancaneve,
all’apice della sua indignazione.
— Non ti inventi neanche una scusa, una bugia?
—piagnucolò Aurora, che aveva incominciato a sentire le contrazioni del parto.
— Chi è quella? — sbottò Cenerentola, rossa
come un pomodoro.
— Inventare scuse, bugie? —disse il Principe
che non si era distinto mai per le sue doti oratorie e che, al massimo,
riusciva a ripetere le parole del suo interlocutore.
— Se non menti — fece Biancaneve col suo tono
più severo — dicci immediatamente che significa questa tripla vita, perché ci ingannasti
approfittando della nostra innocenza di donzelle, e chi è la dama che hai
nascosto con così tanta furia.
— Posso spiegarvi tutto — borbottò il Principe,
tentando di calmare le donne apparendo disponibile, ma vedendo quei cipigli
severi distese le braccia e disse: — quello che mi è successo con voi...
— Dillo in fretta, uomo — disse Cenerentola —,
non vedi che a questa qua le si stanno per rompere le acque?
— Rompre che cosa? — Il Principe Azzurro si
grattò la testa.
— Vuota il sacco adesso — disse Aurora —.
Voglio saperlo prima di iniziare a partorire.
— Bene, poiché lo chiedete con tanta
insistenza... — Il Principe si portò le dita alle labbra e fischiò come un
volgare carrettiere.
I movimenti all’interno della capanna si traformarono
in scrocchi e crepitii. Una figura bellissima, inimmaginabile come donzella, si
avvicinò alla porta.
— Il nostro è amore vero, teste di uccello — disse
Pinocchio mostrando tutto lo splendore del suo corpo di legno. Avanzò verso le
donne e, scostando il Principe Azzurro, senza considerarle, guardò Biancaneve,
Aurora e Cenerentola con disprezzo, arrogante e d’effetto come sempre —. Voi non
siete in grado di capire quello che proviamo.
Sergio Gaut vel Hartman (Argentina), De madera
Sergio Gaut vel Hartman (Argentina), De madera
(Da Químicamente impuro, traduzione di Raffaele Serafino Caligiuri — revisione linguistica : S.V.)
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