Sessantatré — Giorgio Manganelli

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Un illustre fabbricante di campane, dalla lunga barba e assolutamente ateo, ricevette un giorno la visita di due clienti. Erano vestiti di nero, molto seri, e avevano un rigonfiamento sulle spalle, per cui l'ateo pensò che lì potevano esserci le ali, come si dice che usino gli angeli; ma non vi fece caso, perché non era conciliabile con le sue convinzioni. I due signori gli commissionarono una campana di grandi dimensioni – il maestro non ne aveva mai fatte di simili – e di una lega metallica che non aveva mai usato; i due signori spiegarono che la campana avrebbe prodotto un suono particolare, assolutamente diverso da quello di qualsiasi altra campana. Al momento di congedarsi, i due signori spiegarono, non senza un punto di imbarazzo, che la campana doveva servire per il Giudizio Universale, che era ormai imminente. Il maestro delle campane rise amichevolmente, e disse che non ci sarebbe mai stato Giudizio Universale, e comunque avrebbe fatto la campana nel modo indicato e nel tempo stabilito. I due signori passavano ogni due o tre settimane a vedere come procedevano i lavori; erano due signori malinconici e, sebbene ammirassero il lavoro del maestro, sembravano segretamente scontenti. Poi, per qualche tempo, non si fecero vedere. Intanto, il maestro portò a termine la più grande campana della sua vita, e si accorse di essere orgoglioso, e nel segreto dei sogni gli parve di desiderare che una campana così bella, unica al mondo, fosse usata in occasione del Giudizio Universale. Quando la campana era già finita e montata su un gran trespolo di legno, i due signori ricomparvero; guardarono la campana con ammirazione, e insieme con profonda malinconia. Sospirarono. Finalmente, quello dei due che sembrava più autorevole, si rivolse al maestro e gli disse a bassa voce, quasi con vergogna: “Aveva ragione lei, caro maestro; non ci sarà, né ora né mai, nessun Giudizio Universale. È stato un terribile errore”. Il maestro guardò i due signori, anch'egli con una certa malinconia, ma benevola e felice. “Troppo tardi, miei signori”, disse, con voce sommessa e ferma; e diede mano alla corda, e la grande campana ondeggiò e suonò, suonò forte e alta e, come doveva essere, i Cieli si aprirono.


Giorgio Manganelli (1922-1990), Sessantatré, 1979

(Tratto da Centuria, Rizzoli 1979)

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