Il bambino cieco — Alejandro Ramírez Giraldo

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(Immagine: Stefano De Luigi, Blanco)


Il bambino cieco


Il bambino è nato cieco. Ha sette mesi e già gattona con scioltezza. Pertanto, i genitori gli hanno fatto fabbricare una grande scatola di legno perché il bambino ci gattoni dentro senza farsi male con gli altri oggetti della casa. Ma il piccolo non si limita a questo spazio ridotto e in poco tempo inizia ad arrampicarcisi sul serio. Molto presto è in grado di venirne fuori. Niente riesce a trattenerlo lì, né dolci né giocattoli. Cerca di uscire, di fuggire. Smania per la libertà.

I genitori si prendono cura di lui, lo proteggono, lo credono che debole. Non sanno che, di quattro figli, sarà l'unico che ce la farà.



L'intervento


Medico: Non capisco perché rifiuti l'operazione, è un'opportunità unica perché i tuoi occhi finalmente rivedano la luce. Anni fa questo era impensabile, ma i progressi della scienza ci hanno fatto capire che ormai nulla è impossibile.

Cieco: È molto più di questo, dottore. Sono nato cieco e sono abituato alle forme e al suono dell'oscurità. Vedere non è una priorità per me.

Medico: Non capisco la logica del tuo ragionamento. Qualche tempo fa mi hai detto che desideravi disperatamente vedere il volto di tua madre. Che è successo a quei sogni? Crollano così facilmente i tuoi castelli in aria?

Cieco: Mia madre... mia madre, dottore, è vecchia e assente. Voglio vedere la sofferenza sul suo volto? Le sue rughe, generose in quantità, mi hanno permesso di farmi un'immagine accettabile della forma del suo viso. Il resto preferisco immaginarlo, integrarlo con i sogni, i ricordi e i desideri.

Medico: Ma tua madre...

Cieco: Non lo dica, dottore, che per me è come se...


Alejandro Ramírez Giraldo (Colombia), El niño ciego e La Cirugía


(Tradotto da Cuentos cortos)

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