Miraggi di Marte — José Vicente Ortuño

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Credevamo che Marte fosse deserto, e lo riempimmo di cupole geodetiche pressurizzate, strade, oleodotti, serbatoi di sostanze tossiche, spazzatura e immondizia; molta immondizia.
Il primo segno dell'esistenza dei marziani furono i sabotaggi. Viti che si allentavano. Fusibili che fondevano. Fuoruscite di fluidi essenziali per le macchine. Solo sciocchezze, niente che provocasse danni a qualche essere umano.
Poi cominciammo a vedere i guizzi. Ombre intraviste nei riflessi. Miraggi pallidi sul metallo brunito. Correnti d'aria gelida nell'oscurità.
Presto scoprimmo che, utilizzando due specchi sistemati con una certa angolazione, eravamo in grado di vedere i marziani e le loro città. Osservammo la loro cultura e fummo incapaci di comprendere una società così fantastica, che faceva apparire noi tronfi umani dei poveri cavernicoli.
Abbandonammo il pianeta rosso convinti della necessità di evolverci e con l'intenzione, un giorno, di essere simili ai marziani.


José Vicente Ortuño (Spagna), Espejismos de Marte

(Tradotto da Químicamente impuro)

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