Simmetrie — Héctor Ranea

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— Posso dirti una cosa? — e, senza aspettare la mia risposta, attaccò: — Mi stancano le tue finzioni presuntamente letterarie. Tutti quei parafernalia (direi infernalia metafinzionali, se mi permetti il neologismo) che tu vomiti dai polpastrelli mi scocciano, mi stufano, mi seccano, mi saturano, mi asfissiano, mi annoiano. Sono stufa dalle tue sguaiatezze, delle tue grossolanerie, quelle sporche parole scelte da dizionari volgari, semplici, assurdi. Così come assurde sono le scene che tu monti, i tuoi dubbi, i tuoi argomenti stupidi e mal incamminati.
— Hai finito? Ti dico soltanto che hai scelto un brutto momento per pronunciare parole che ti condanneranno, ma d'altra parte quest'ora è particolarmente funesta per te — risposi.
— E perché? — disse, con calcolata ironia.
— Perché in questo momento io ti sto scrivendo sulla carta con la matita… Posso dirti una cosa? — e, senza aspettare la sua risposta, attaccai: — La matita si cancella con questa.
E, con calcolata ironia, le mostrai una gomma da cancellare.


Héctor Ranea (Argentina), Simetrías

(Traduzione dell'autore — revisione linguistica S.V.)

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