Storia con la S maiuscola — José Eduardo Lopes

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(Achille con Chirone — part. dalla basilica di Ercolano, 45/79 d.C.)


La Storia è scritta con i testi e dagli autori che sopravvivono, e non con la cenere delle biblioteche incendiate, o dai saggi condannati a morte od al silenzio, che è la più prolungata delle morti. Se riuscissimo a redigere una Storia parallela a partire da tutti questi elementi perduti, ci renderemmo conto che i nostri libri e i nostri manuali scolastici oggi ci insegnerebbero storie e fatti assai diversi.
Una pergamena proveniente dall’antica Biblioteca di Pergamo, in seguito trascritta in copto, parte di quello che è stato classificato come il Codice Adb Qurna – 4B (il primo riferimento occidentale a quest’opera s’incontra in Rawlinson, W.E., nel suo Account of Old Manuscripts, del 1824), ci offre una visione differente della vita di Achille, almeno per i primi anni della vita dell’eroe.
Achille nacque in Tessaglia, ed era figlio del re Peleo. Questo antico testo non allude all’ambrosia o a qualche altro artificio usato da sua madre, Teti, per renderlo invulnerabile, e menziona al suo interno che l’infante Achille sarebbe stato ferito a morte da un cinghiale durante una battuta di caccia. Quando si riebbe, Teti lo affidò a Chirone, un vecchio eremita del monte Pelione. Di costui dice il manoscritto che fosse più antico delle più giovani rocce del Pelione, e che sulle quattro membra s’era fatto incidere il nome dei quattro minerali della scienza sacra. Chirone educa Achille ad esser vigoroso e feroce in battaglia, esortandolo a catturar le fiere, con i muscoli e lo spirito temprati dalle prove e dal rigore degli elementi. Allo stesso tempo, ricorrendo alla sua scienza segreta, concede ad Achille l’Elisir di Lunga Vita, che fece sì che Achille si mantenesse eternamente giovane e potesse vivere per sempre a meno che, com’è evidente, nessuna spada, nessun animale selvaggio o tempesta in mare, ponesse termine alla sua esistenza.
Era immortale, ma non invulnerabile, poderoso ma debole. L’Elisir gli conferiva una salute e una giovinezza indistruttibili, e l’educazione impartita da Chirone l’aveva preparato ad affrontare chiunque l’avesse voluto uccidere.
Fu per questo motivo che Teti tentò di mascherarlo da donna, perché fosse risparmiato dalla sorte delle guerre e dai pericoli del mare, e per lei fu come se l’avesse già perduto quando Ulisse smascherò quel travestimento e lo ricondusse al palazzo che l’aveva visto nascere.
Il testo rimanente della pergamena segue da vicino la versione classica del mito, con la sua partecipazione alla guerra di Troia o i suoi disaccordi con Agamennone; ma l’opera nel suo complesso traccia un nuovo profilo dell’eroe – quello di un uomo che non sarebbe mai morto di malattia o vecchiaia, e il cui addestramento lo rendeva invincibile in un combattimento leale. Si accorgono di questo i suoi nemici, che dopo aver provato a vincerlo in duello, riescono a sconfiggerlo solo colpendolo con una o più frecce avvelenate. Il veleno non priva l’eroe della vita, lo indebolisce solamente, occasione di cui i suoi nemici approfittano per decapitarlo. Gli Achei, al prestargli omaggio funebre, lo fanno dinanzi a una pila di cadaveri, perché il corpo d’Achille, privo della testa e spogliato della sua armatura reale, è indistinguibile dal corpo di qualsiasi altro eroe ucciso nella mischia.


José Eduardo Lopes (Mozambico/Portogallo), História com E maiúsculo(Tradotto da Estrada de Santiago)

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