Lettere mutanti — Héctor Ranea

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(Immagine: nihilist1)


— Le racconto. La lettera mi ha ingannato. Ho inviato una lettera alla donna che amo e quella lettera è arrivata differente. Non posso dirle niente di più.
— Ma come può affermare una cosa simile?
— Facile. Prendo la mia penna di corvo per scrivere. La intingo nell'inchiostro. Comincio a scrivere sulla carta che ho preparato sulla mia scrivania.
— Per scrivere adopera una penna di corvo?
— Proprio così. Me l'ha regalata un amico che va a caccia di corvi. Ma questa è un'altra storia. Il problema è che nella lettera ho scritto:

Mia adorata amata.
Ti scrivo perché tu abbia una prova del mio amore, anche se siamo lontani l'uno dall'altra. Ti amo da pazzi e non riesco a capire come ancora non sia morto da quando ti ho visto per l'ultima volta.

Ho scritto questo.
— Niente di insolito per un innamorato un po' pacchiano, come lei.
— Sono felice che se ne renda conto. Bene. La mia amata non l'ha interpretata in questo modo.
— E come l'avrebbe interpretata?
— In realtà mi ha restituito la lettera manifestando, in un biglietto a parte, enorme delusione e malcontento.
— Alla sua innamorata non piacciono le cose pacchiane, evidentemente.
— In realtà non è più la mia innamorata e quanto mi ha inviato è questo. Controlli lei stesso, Dottore.
— Allora leggo:

Mia grandissima cornuta (Caspita! Le è sfuggita la mano, amico)
Ti scrivo in modo che tu abbia una prova del mio disprezzo, perché anche quando siamo vicini ti metto le corna ogni volta che posso, immàginati adesso che siamo così lontani. Sei così pazza che non riesco a sopportarti, e sono contento che te ne sia andata perché per me è come fossi morta.

Per la miseria, amico! Non può dire cose del genere a una signora. È di cattivo gusto, e poi le giuro che come strategia non è affatto convincente.
— Ma non si rende conto che la lettera che ho scritto è l'altra? Si è scordato di quanto ha appena letto?
— Sì, me lo ricordo, certo. Ma chi mi assicura che lei non ha scambiato queste lettere?
— Controlli in che data le ho scritte.
— Avevo già notato la coincidenza però questo, lo ripeto, non mi convince affatto.
— Non è la lettera che ho scritto. La lettera è cambiata spontaneamente, oppure alle Poste c'è qualcosa che trasforma le lettere di nascosto. È la mia lettera, sì; lo ammetto. Ma niente e nessuno mi farebbe scrivere queste atrocità, false e offensive oltremisura. A maggior ragione trattandosi di qualcosa che ho scritto per la donna che amo.
— In ogni caso comprenderà la debolezza delle sue argomentazioni, signore.
— Comprendo, questo sì, che quelli delle Poste non vogliono farsi carico di questa trasformazione, ma le assicuro, Signor Direttore, che non sono io l'autore di questa lettera.
— La sola cosa che capisco è che lei è sconvolto, e che il fatto che la sua fidanzata adesso sia la mia fidanzata l'ha precipitato in un delirio di persecuzione. È meglio che si comporti da signore e si ritiri dalla contesa, che non ha saputo difendere come amante, e ci scorderemo tutta la questione.

Il pover'uomo uscì dall'ufficio del Direttore delle Poste. Trascorsi alcuni minuti si sente una voce dall'interno di un armadio.
— Va tutto bene, Capo?
— Il mio piano, grazie al tuo brillante apporto, è stato eseguito perfettamente. Quel povero infelice si suiciderà e tutto sarà dimenticato e io mi sposo con la vedova allegra.
Allora il corvo sbucò dall'armadio, si riaggiustò le penne, e quella che corrispondeva all'uomo appena uscito, prossimo al decesso, se la mise nel suo zaino e disse, ridendo a mezzo becco:
— Devo regolarla per la prossima lettera mutante; questa grafia, dunque, non mi servirà più.
Andandosene, come sempre, lasciò un paio di piumette biancastre sul pavimento. Il Direttore prese a lamentarsi:
— Il corvo mi si sta facendo vecchio. Chissà con chi altro potrò rimpiazzarlo se mi muore.


Héctor Ranea (Argentina), Cartas mutantes

(Tradotto da Breves no tan breves)

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